Una tipica trasferta Ikendenshin comincia così: ci si organizza con le macchine, si passa a prendere il kendoka che vive lontano (come il sottoscritto) e si parte. Trascorriamo ogni istante del viaggio a ripassare mentalmente le parti dell’esame o facendoci domande per risolverci dubbi a vicenda; un po’ come per un esame universitario o una verifica a scuola, però più divertente.
Questa volta stiamo andando a Lucca per uno stage e per gli esami di 1° kyu, 1° dan e 2° dan. L’istruttore principale è Leonardo Brivio (6° dan), che ha strutturato gli allenamenti per preparare tutti i presenti a dare l’esame il giorno seguente. Siamo stati divisi in tre gruppi: senza kyu, 1° kyu e 1° dan, e dal 2° dan in su. Gli esercizi sono uguali per tutti, ma ‘adattati’ al gruppo che li svolgerà.
Il primo allenamento, subito dopo il nostro arrivo, è stato fantastico: un concentrato di expertise da parte degli istruttori, perfettamente bilanciato dall’inesperienza e dall’ansia di noi esaminandi. Tuttavia, la cosa che mi ha aiutato di più a dare il massimo durante l’esame è stata frutto di un errore. Contestualizziamo: eravamo tutti divisi per gruppi e facevamo jigeiko. Ogni due minuti l’istruttore avrebbe suonato un fischietto e avremmo cambiato compagno, sempre, però, rimanendo nel nostro gruppo. Sfortunatamente la divisione tra i gruppi non era esattamente definita e così, a causa della mia disattenzione, sono finito nel gruppo dei 2° dan e oltre. Vi lascio solo immaginare la mia sorpresa quando mi sono ritrovato davanti un compagno che mi colpiva usando delle tecniche che la mia mente non riusciva nemmeno a concepire. Questo però mi ha mostrato il vero spirito del Jigeiko: non un combattimento all’ultimo sangue, ma un incontro dove ognuno prova a spingersi un po’ più in là con la propria tecnica; e il compagno NON è un avversario, ma un alleato essenziale a capire dove si sta sbagliando e come correggersi.
Dopo il primo ‘duello’ avrei potuto tornarmene nel mio gruppo, ma ho deciso comunque di rimanere a fare gli incontri più difficili, sicuramente più proficui a livello di apprendimento della tecnica. Alla fine il mio spirito era acceso come una macchina in fiamme che viaggia giù da una discesa ai 300 km/h.
L’altra esperienza di vita che mi porterò dietro per sempre è stato l’incontro con il leggendario maestro Crabas, direttamente da Roma: un orso, ma con un bogu addosso. Subito dopo il saluto mi sono visto arrivare una batteria di attacchi da fare invidia ad una nave da guerra dell’esercito tedesco; e subito dopo questa corrente travolgente, mi vedo davanti il mio compagno che si indicava il men con la mano come per dirmi: “avanti, colpisci! Te lo sto regalando questo!”. Non capivo esattamente dove voleva andare a parare ma, dopo una ventina di colpi in testa ho capito due cose: se vieni colpito, il tuo spirito non ne risente. Anche se ti arrivano addosso dodici cannonate, tu non devi vacillare. E conseguentemente, la tua reazione dopo essere stato colpito deve rispecchiare il tuo stato d’animo. Il tuo contrattacco, qualunque esso sia, deve avere lo spirito di mille soldati e – fidatevi – se riuscite a convogliare questa cosa nel vostro colpo, chiunque vi guarderà combattere – esperto o no che sia – lo noterà sicuramente. Recepito questo, il resto degli incontri è risultato molto più divertente, e molto meno pesante da sostenere.
E infine arriviamo al momento che tutti stavamo aspettando: l’esame.
L’esame di 1° kyu si compone di tre parti: un kirikaeshi – sia come motodachi che come kakarite – due jigeiko, e, solo dopo questi, la commissione fa una selezione parziale che decreta chi può proseguire con Kihon Kata. L’esame di 1° e 2° dan è praticamente identico, ma al posto dei kihon ci sono i nihon kata.
Non sarei mai riuscito a fare questo esame se non fosse stato per Alessio che mi suggeriva dove collocarmi per non sembrare una stecca di legno piantata nel mezzo di una torta di mele, e ovviamente per tutti i consigli che mi ha dato durante i mesi precedenti.
E come un interruttore della luce, l’istante in cui ho sentito: “Numero 3, Kirikaeshi: HAJIME!” ho completamente perso la percezione di tutto ciò che non fosse il mio shinai o il mio compagno.
Terminata la prima parte, c’è stato un piccolo momento di ansia generale quando la commissione ha comunicato chi sarebbe passato alla fase successiva.
Dopo i kata, abbiamo aspettato che tirassero le somme: tutti promossi! Letizia e giubilo tra le schiere degli ormai 1° kyu (o, almeno, questo è quello che credo abbiamo provato tutti, anche se rimasti in un silenzio quasi religioso fino alla consegna dei diplomi).
Considerazioni finali: lo stage è stato fenomenale, il gruppo era coeso nonostante la differenza di grado e di provenienza. Tutti i presenti in veste di istruttori sono stati fantastici, e li ringrazio profondamente per ciò che ci hanno trasmesso.
Concludo con un consiglio: se qualcuno del vostro dojo vi fa presente che c’è uno stage, un seminario, un esame, un’apertura di un dojo nuovo o qualsiasi cosa del genere, fatevi in quattro per andarci, specialmente se l’evento dura più di un giorno, non ve ne pentirete!
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